La giovane bionda dagli occhi azzurri d’assoluto nel 1961 ci indicò la via (Peinture au revolver, Ah Jeunesse). Gli elettroshock della società borghese le avevano regalato un nome nuovo. Novella reincarnazione del verbo di Van Gogh, Niki de Saint Phalle ebbe la forza e il coraggio di affondare nella propria tragedia esistenziale, senza però perdere un pezzo d’orecchio. Come Van Gogh amò le revolverate, ma lei allontanò la canna della pistola della sua tempia e la indirizzò verso il mondo. Un’opera come Paysage nocturne del 1959 era l’eredità del precursore olandese, mentre attorno schizzi di colore e macchie inondavano la pittura definita informale come espressione dell’interiorità dell’artista. Al contrario la presenza degli oggetti e delle forme sembrava per Niki un’esile bava per il reale esterno che sentiva ancora degno di essere raccontato e profanato.
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La giovane pittrice comprese che l’accumularsi delle forme e delle cose, in un ribollire fantastico, erano alla base di una ricostruzione mitica e mistica del mondo (Composition à la trottinette – Tir a la carabine, 1961), ma bisognava prima azzerare la superficie e attraverso la pittura monocroma ricompose gli altari della realtà . investì gli oggetti di una pelle nuova. La pelle della seconda venuta della rivelazione, quando gli scarti della società industriale e di massa ebbero segni nuovi. Come i centoquarantaquattro figli di nostra signora della discarica, gli oggetti vennero marchiati dal segno della redenzione, così Niki de Saint Phalle marchiò con forza e violenza i rifiuti del quotidiano.
Il suo fu un rifiuto umano in nome della pazzia, che era stato per Rimbaud il viatico alle sue Illuminations così come la follia di Van Gogh era stata il propellente per dipingere le notti stellate, anche nelle sue cattedrali (Petite Cathedrale, 1962) prese forma d’infermo accumulo psicotico e le cattedrali divennero un inno della propria stagione all’inferno (Cathedrale, 1962).
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Niki e Arthur furono i frutti proibiti del grande terrore francese. Furono gli apostoli sterili della nuova realtà , della seconda morte che non li avrebbe colpiti, in quanto giusti. La nuova realtà dell’alchimia del gesto assurdo e senza remore per il passato. Le cattedrali e i castelli labirintici formati dai destini degli oggetti e dagli schizzi di vernice intrecciati (Chateau blanc et noir, 1962) per Niki de Saint Phalle erano oltre la pittura, oltre la scultura. Questi luoghi sacri vennero eretti lungo la via francigena dell’assoluto e dell’abbruttimento umano. Per noi pellegrini dell’esistenza i suoi altari dorati (O.A.S. – Oeuvre d’Art Sacré, 1962) e profanati dal flusso mestruale della gigantessa Hon/Elle – Une cathédrale (1966), sarebbero divenuti la scia di sangue della ribellione fino ad oggi. Sono le reliquie di un mondo scomparso, di un mondo ribelle.
L’Appeso è la nostra carta. Contro la pittura che imbelletta il dolore e piace ai collezionisti umanitari. Contro la pittura patinata e cromoterapica.
Prendiamo a fucilate l’arte, gli artisti e gli oggetti. Prendiamo a fucilate le gallerie, i musei e le accademie. Prendiamo a fucilate la realtà e risaliamo sulle barricate del delirio. Sputiamo sul padre nostro che è in terra. Grazie per i tuoi tarocchi bagnati, Niki del Santo Cazzo.
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Photo G.R. - Niki de Saint Phalle - 5 ottobre 2024 - 16 febbraio 2025 - Mudec Milano
